L’audizione in Parlamento del presidente di Stellantis John Elkann avanzata lo scorso 19 Marzo non allontana i dubbi sul futuro dell’industria automotive italiana. Tra interpretazioni fantasiose dei dati statistici e opinabili rivendicazioni di strategicità del Belpaese, non c’è stato alcun reale chiarimento sui piani industriali del Gruppo riguardanti la produzione e l’occupazione in Italia

Equilibrismi sintattici. È a tali escamotage verbali che ha fatto ricorso il presidente e amministratore delegato, pro tempore, di Stelllantis John Elkann durante l’audizione al Parlamento italiano lo scorso 19 marzo. L’appuntamento, ripetutamente sollecitato dalla classe politica, doveva essere un momento chiarificatore circa le strategie che intende perseguire nel breve e nel medio periodo il Gruppo franco-italiano nel Belpaese, anche alla luce del contesto storico particolarmente complicato che sta vivendo il comparto automotive europeo. Di risposte chiare però nemmeno l’ombra, sostituite da un’opinabile rivendicazione della strategicità del dna italiano di Fiat, prima, e di Stellantis, ora quale ancora di salvezza dell’industria automotive nazionale.

Quasi uno scherzo comunicativo pronunciato a pochi mesi di distanza dalle tensioni vissute con il Governo italiano che lo scorso anno aveva imposto al Gruppo prima di cambiare nome al crossover Alfa Romeo “Milano” prodotto in Polonia, quindi non identificabile con una denominazione prettamente nazionale, e successivamente di togliere il tricolore dalle carrozzerie delle microcar Fiat “Topolino” realizzate in Marocco. Una sorta di cortocircuito tra parole e fatti quindi che ha quasi assunto i contorni del farsesco quando John Elkann ha orgogliosamente ricordato come il Gruppo abbia sempre difeso l’occupazione in Italia, evidenziando che negli ultimi 20 anni il mercato domestico è calato del 30 per cento, a fronte di una riduzione degli occupati del 20 per cento.
Secondo questa quantomeno fantasiosa interpretazione statistica del Presidente Stellantis, ciò significa che il Gruppo avrebbe quindi difeso la produzione e l’occupazione degli stabilimenti italiani nonostante le difficoltà del comparto, versando nel medesimo arco temporale 14 miliardi di imposte nelle casse dello Stato.

A tal proposito però una recente analisi del quotidiano finanziario Italia Oggi evidenzia come solo tra l’inizio del 2021 e la fine del 2023 gli occupati Stellantis in Italia siano calati del 20 per cento, passando da 52 mila 740 a 42 mila 700 unità. Una contrazione peraltro antecedente all’annus horribilis del Gruppo franco-italiano nel Belpaese, ossia quel 2024 nel quale Stellantis ha prodotto negli stabilimenti nazionali poco più di 283 mila vetture, il 45 per cento in meno rispetto al 2023, valore che unitamente ai 192 mila commerciali leggeri realizzati sempre nel Belpaese ha visto la produzione complessiva della Multinazionale guida da John Elkann attestarsi a poco più di 475 mila veicoli.

Ciò a fronte di un mercato interno complessivo che ha segnato un arretramento delle immatricolazioni nell’ordine del mezzo punto percentuale su base annua e che quindi non giustifica il quasi dimezzamento delle attività delle fabbriche nazionali di Stellantis, tradottosi nell’attivazione della cassa integrazione per circa 20 mila lavoratori. Poche inoltre le prospettive positive per l’immediato futuro. Il Presidente del Gruppo franco-italiano ha anticipato come il 2025 sarà un anno tendenzialmente negativo, mentre i primi timidi segnali di ripresa dovrebbero vedersi all’alba del 2026, fermo restando che per tale data la struttura produttiva e commerciale di Stellantis rimane a tutt’oggi un’incognita.

John Elkann non ha infatti chiarito i due dossier più critici legati al futuro del Gruppo in Italia. Se per la più volte annunciata Gigafactoty che dovrebbe sorgere a Termoli il progetto è sospeso a tempo indeterminato, il futuro di Maserati è invece legato esclusivamente al polo produttivo di Modena dopo l’abbandono nel 2023 dello stabilimento di Grugliasco che molto aveva contribuito al rilancio del Marchio, arrivando nel 2017 a oltrepassare le 40 mila vetture realizzate. Volumi che lo scorso anno sono scesi a due mila 250 unità, declinate su una gamma ridotta a tre modelli, con i dipendenti costantemente in cassa integrazione e invitati a trasferirsi in Serbia per supportare la produzione della Fiat “Grande Panda”.
Di fatto il punto più basso mai toccato dal Tridente in 110 anni di storia, con di fronte il concreto rischio di veder definitivamente depauperata una tradizione di eccellenza come già successo sia con Lancia, sulle cui ammiraglie un tempo sedevano orgogliosi i Presidenti della Repubblica in occasione delle parate e che oggi immatricola meno di quattro mila unità del solo modello in gamma “Ypsilon”, sia con Alfa Romeo, il cui dna sportivo è stato invidiato per decenni anche dai brand europei più prestigiosi. Prima che Stellantis compia il terzo “omicidio motoristico eccellente”, meglio quindi che l’ipotizzato ritorno di Maserati sotto il diretto controllo di Ferrari, come tra il 1997 e il 2005, si concretizzi velocemente.
Titolo: Audizione Gruppo Stellantis, cortocircuito tra parole e fatti
Autore: Redazione